Mamme stressate e sindrome del bambino scosso

-immagine tratta dal web-



In questi giorni mi sto occupando dei bambini da sola.
Siamo finalmente in montagna, ma Marito va comunque al lavoro, per cui parte presto la mattina e torna a casa per ora di cena.
I bimbi ed io abbiamo trovato il nostro equilibrio, anche se abbiamo vissuto qualche momento apocalittico, risoltosi in breve.

Oggi a pranzo, ad esempio, Pulcino aveva tanta fame ed aveva sonno, perché inizia ad abbandonare il riposino del mattino ed arriva all'ora del pasto stanco. Polpetta, dal canto suo, era stanco pure lui, perché la passeggiata di questa mattina è stata impegnativa. Uno piangeva disperato e l'altro faceva un po' di capricci. Seppur all'inizio mi fosse venuta la tentazione di scappare altrove, ho respirato a fondo, parlato con calma con Pulcino e mediato molto con Polpetta e, nonostante tutto, il momento difficile si è risolto in poco tempo.

Lo scorso anno, con Pulcino di pochi giorni, non sarebbe stato possibile risolvere la cosa così facilmente: sono felice che i bambini siano cresciuti e che sia più facile, per me, gestirli.
La mia fortuna, lo scorso anno, è stata il fatto di poter contare su Marito, che in pausa pranzo era sempre presente, ed il fatto che Polpetta abbia frequentato il nido per tutto il mese di luglio, per cui, seppur sola, sono riuscita ad affrontare le prime settimane di vita di Pulcino abbastanza serenamente, nonostante chiedesse di essere allattato ogni ora, giorno e notte.

Sebbene io sia stata fortunata, capita, invece, che ci siano neo genitori che si trovano ad occuparsi del neonato e si sentano soli, sopraffatti o non si sentano in grado di occuparsene al meglio. Capita che, mentre il neonato piange, raggiungano un livello di stress tale da oltrepassare il limite.

A me è capitato, qualche notte, di non poterne più, di essere stanca, esasperata, di perdere la pazienza con Pulcino perché dopo essere stato attaccato al seno per ore, si era rimesso a piangere e chiedeva il seno un'altra volta.
In quei momenti, confesso, ero disperata, guardavo il mio bambino e gli imploravo tra le lacrime di lasciarmi dormire un pochino. Quindi, prima che la rabbia e la frustrazione avessero il sopravvento, lo affidavo a Marito ed uscivo dalla stanza. Andavo in bagno, scendevo in cucina e bevevo dell'acqua, perché allattare a lungo mi disidratava, passavo dalla camera di Polpetta per assicurarmi che stesse bene e gli davo un bacio, quindi ormai calma (e piena di sensi di colpa per aver preso la pazienza) tornavo in camera e, risistematami nel lettone, riattaccavo Pulcino al seno per allattarlo. Lui si calmava, ciucciava, e, finalmente, ci riaddormentavamo.

Proprio in questi giorni parlavo con delle mie amiche della Sindrome del Bambino Scosso, detta anche Shaken Baby Syndrome.
Questa sindrome è la conseguenza del violento scuotimento a cui viene sottoposto il neonato, durante le prime settimane di vita. Il genitore, madre o padre, o la persona che si prende cura del neonato, è stressata e perde il controllo, soprattutto a causa del pianto esasperante del bambino, e reagisce scuotendo il piccolo.

Perdere il controllo e scuotere violentemente il bambino è pericolosissimo perché il bambino di poche settimane di vita, ha la testa più grande e pesante, rispetto al resto del corpo, il collo non è abbastanza forte per sostenerla e, a quest'età l’ondeggiamento ripetuto del capo e del collo può provocare esiti permanenti significativi, come lesioni cerebrali. Le lesioni cerebrali in bambini di poche settimane comportano nel neonato deficit cognitivi e motori e la compromissione della vista, poiché si creano emorragie a livello dei vasi che portano il sangue alla retina. Nei casi più gravi il bambino può morire.

In preda ad uno scatto d'ira, quindi, shakerare il bambino è pericolosissimo.
Meglio quindi se i genitori, quando sentono salire la rabbia, cercano di gestirla, si lasciano aiutare da qualcuno o, nel caso in cui si trovino a dover gestire il piccolo da soli, cerchino di calmarsi.

Lo so, non è facile calmarsi con un bambino che urla da ore, ma è anche vero che, più noi ci agitiamo più il piccolo, che già prova disagio, fatica a calmarsi perché percepisce la nostra tensione emotiva.
Ho visto sulla mia pelle che in questi casi, se ero da sola con il piccolo, la cosa migliore da fare era mettermi in una posizione comoda, bere dell'acqua, ricordarmi che mi stavo occupando di un neonato che aveva assoluto bisogno di me per sopravvivere e, respirando a fondo per calmarmi, lo adagiato sul mio petto e ritmicamente producevo il suono "shhhh... shhhh... shhhh...". Inspiravo ed espiravo cercando di far si che il mio respiro diventasse lento, calmo e regolare e così mi calmavo io e si calmava il mio bambino.

Purtroppo, però, alcune situazioni portano l'adulto che si occupa del bambino a perdere il controllo. Come capire che il bambino ha subito la sindrome da scuotimento?

Se il bambino presenta una significativa mancanza di appetito, è pallido o presenta un coloriti bluastro, ha una perdita di coscienza o riduzione dello stato di vigilanza, si manifesta una mancanza del sorriso e letargia, oppure il bambino è sonnolento ed irritabile, presenta vomito e convulsioni, o un arresto del respiro, allora ha subito la Shaken baby Syndrome ed è imperativo portarlo in ospedale il prima possibile per capire quali siano state le conseguenze.

Nei casi lievi di questa sindrome, un bambino può apparire normale dopo il trauma, ma può sviluppare, crescendo, dei problemi di salute, di apprendimento o di comportamento.

Spesso il trauma è causa di danni irreversibili, come cecità parziale o totale, sordità, ritardi nello sviluppo, difficoltà di apprendimento e sviluppo del linguaggio o problemi di memoria ed attenzione e, nei casi più gravi, un consistente ritardo mentale.

Conoscevo la sindrome da scuotimento già prima di rimanere incinta di Polpetta ed ho sempre avuto il terrore di arrivare ad un livello tale di stress da fare del male ai miei bambini, per cui, sebbene non abbia avuto una grande rete di aiuti, non mi sono mai tirata indietro nel chiedere aiuto a Marito nei momenti in cui sentivo che stavo per esplodere.
Chiedere aiuto non è segno di debolezza, ma un gesto d'amore per sè stessi e per i propri figli, soprattutto se lo stress che accumula una madre può avere effetti così devastanti verso i propri bambini.

Perciò te, neo mamma che stai leggendo questo post, non avere paura: tutte abbiamo i nostri momenti di crisi, in cui perdiamo le staffe, siamo stanche, non ce la facciamo più. Siamo umane, fatte di carne, non siamo dei robot.
Chiediamo aiuto, proteggiamo noi stesse ed i nostri bambino dallo stress. Non abbiamo paura di farlo!

Una mamma serena si occupa meglio del proprio bambino, soprattutto se qualcuno si prende cura di lei.

P.S. Io non sono un medico, per cui le mie indicazioni su questa sindrome sono vaghe, in quanto non ho le competenze necessarie per parlarne approfonditamente. Se siete interessati ad avere notizie più complete vi invito a parlarne con i vostri pediatri.

Commenti

  1. Eh già prima o poi capita a tutte di perdere la pazienza, penso che nessuna sia esentata da ciò ;)
    Un abbraccio,
    Angi

    www.mammatoday.com

    RispondiElimina
  2. Anche a me ha sempre fatto paura l'idea di perd re al controllo al punto di arrivare a fare del male a mio figlio, non volontariamente (su questo non ho dubbi, mai) ma involontariamente. Devo dire, però, che quando era piccolo non mi è mai venuto ne' da scuoterlo, ne' da fare altro. Piuttosto, quando non reggerò più al pianto ed ero sola, lo mettevo nel suo lettino o nel box, al sicuro, e mi chiudevo in bagno o mi sedevo in balcone, per respirare a fondo e calmarmi e poi tornare dopo qualche minuto. Adesso che il ricciolino e' cresciuto, invece, ci sono dei casi in cui mi porta ad una esasperazione tale che gli rifilò uno scapaccione (senza tanta forza, e' più il gesto in se'): e' controproducente, lo so, ma capita!

    RispondiElimina
  3. Riprender controllo su se stesse prima che sul neonato👍🏻

    RispondiElimina

Posta un commento