L'affettività e l'attaccamento nei primi mesi di vita del bambino



Pulcino è sempre stato un bambino socievole. Lui sorride sempre a tutti.
Addirittura ha capito che, se fa le facce carine ed i sorrisi, conquista le persone e si diverte a vedere le reazioni di chi lo circonda.
Ultimamente, però, se le persone a cui sorride si avvicinano troppo o gli danno troppa attenzione, o provano a prenderlo in braccio, scoppia in un pianto irrefrenabile, fino a che non lo prendo tra le mie braccia e lo rassicuro.
Allora si calma, si rivolge alle persone e torna a sorridere facendo il conquistatore e si lascia prendere in braccio, come se la paura fosse magicamente sparita.

Ma perché si comporta così?
Alla soglia del nono mese questo fenomeno è normalissimo, fa parte dello sviluppo del bambino.
La nascita integrale di un bambino, infatti, è data dalla nascita biologica, che avviene al momento del parto, e dalla nascita psicologica, un processo più lento che avviene più o meno durante i primi tre anni di vita del bambino.
La nascita psicologia, è data dalla lenta separazione del bambino da ciò che è il suo oggetto di amore primario: la madre.

Le prime settimane di vita del neonato sono caratterizzate da quella che le studiose Mahler, Pine e Bergman, nel libro "La nascita psicologica del bambino. Simbiosi ed individuazione." definiscono fase di autismo normale. In questa fase il neonato, che non ha ancora sviluppato a pieno le sue capacità visive ed uditive, investe le sue energie affinché vi sia la soddisfazione dei suoi bisogni primari e non investe molto nei confronti degli stimoli esterni.

Dal secondo mese di vita, però, il bambino è in quella che viene definita fase simbiotica normale, caratterizzata da un maggior investimento percettivo ed affettivo verso quegli stimoli provenienti dal mondo esterno, che però non è ancora in grado di percepire. In sostanza, il neonato ha un bisogno, quindi è la mente e la mamma, il braccio, lo soddisfa.
In questa fase, quindi il bambino non ha ancora capito che lui e la mamma sono due individui separati, ma sa che ogni qualvolta che lui ha un bisogno, esso viene soddisfatto dalla mamma. Ecco quindi che il pianto serve proprio a questo: a far si che la mamma soddisfi il suo bisogno: fame, bisogno di cure igieniche, bisogno di contenimento affettivo... Il pianto non è mai un capriccio. È sempre un bisogno che deve essere soddisfatto perché il bambino si senta bene.

Verso il quarto mese, poi, il bambino entra nella prima sottofase della separazione-individuazione, chiamata differenziazione.
Il bambino è sempre più vigile e reattivo agli stimoli esterni ed inizia ad interagire consapevolmente con il mondo circostante. Inizia a trarre piacere dal gioco, ama osservare ciò che lo circonda e lo riempie di stupore. Inizia ad affinare la capacità di afferrare ed esplorare gli oggetti. Sa che la mamma appare e scompare dal suo campo visivo, ma sa che nel momento in cui farà esperienze che lo metteranno a disagio, la madre apparirà per alleviare le sue sofferenze, per cui ha una fiduciosa aspettativa nei suoi confronti.

Tra i 6 ed i 7 mesi di vita il bambino è nell'apice delle esplorazioni tattili e prova piacere nell'esplorazione del volto della madre. Il bambino diventa consapevole del fatto di essere separato dalla madre ed appare l'angoscia dell'estraneo, ovvero ha paura di chi non conosce. Questo fenomeno appare perché, come afferma Bowbly nell'opera "Attaccamento e perdita", tra i 4 ed i 12  mesi di vita si sviluppa nei bambini il comportamento di attaccamento.
Quanto più la fase simbiotica del bambino è stata ottimale ed è prevalsa la fiduciosa aspettativa del bambino, tanto più l'incontro con l'estraneo sarà positivo ed il bambino sarà in grado di gestire l'angoscia dell'estraneo, perché non avrà paura che la madre lo abbandoni con chi non conosce.

Il comportamento di attaccamento, infatti, si manifesta nel bambino ogni qualvolta appaiano dei bisogni fisici, come la fame, la malattia, la stanchezza, il bisogno di affetto, o appaiano fattori ambientali che lo facciano sentire insicuro come lo spavento.
Il piccolo ha sempre un ruolo attivo nel comportamento di attaccamento. A parte il pianto, che è sempre difficile da ignorare, un bambino spesso chiama insistentemente attivando diverse strategie per attirare l'attenzione di chi si occupa di lui, in special modo la madre; scopre così che un sorriso provoca nella madre una reazione positiva, in seguito impara a salutarla, ad avvicinarlesi e attira la sua attenzione in mille modi seduttivi. E non solo così facendo suscita le risposte delle altre persone, ma mantiene e configura le loro risposte rinforzandone alcune e non altre. Ciò comporta che sia la madre che il bambino, modulino i loro comportamenti influenzandosi a vicenda e creando dei modelli comportamentali unici.

Contemporaneamente alla comparsa dell'angoscia dell'estraneo, il bambino inizia a vivere un'altra sottofase, quella della sperimentazione precoce. In questa fase il bambino diviene gradualmente consapevole di essere un'individuo separato dalla madre, instaura un legame specifico con lei, che non sarà uguale a nessun altro legame con nessun altra persona, e svilupperà il funzionamento del proprio io in stretta prossimità della madre, ovvero riuscirà a sviluppare la propria personalità in funzione della vicinanza con la mamma. Con i primi gattonamenti, infatti, il bambino si allontanerà da lei per esplorare il mondo rimanendo concentrato sulle sue attività che gli provocano piacere anche a lungo, totalmente assorto nelle sue attività, ma farà regolarmente ritorno da lei per caricarsi affettivamente e ritrovare la sicurezza necessaria a ripartire con le esplorazioni, sicuro di non essere abbandonato.

Che cosa possiamo fare noi mamme, quindi, per permettere che il nostro bambino sviluppi un buon legame di attaccamento con noi e compia i passi verso la sua nascita psicologica?

Per prima cosa non dobbiamo tener conto dei pregiudizi di cui vengono investiti il pianto dei bambini e le reazioni delle mamme.
Come spiegavo prima il pianto di un neonato esprime sempre un bisogno. Non esistono capricci nei neonati, solo bisogni che devono essere appagati e noi mamme sappiamo, in cuor nostro, che se soddisferemo i bisogni del nostro bambino, lui starà bene.

In secondo luogo amare i nostri bambini. Più loro si sentiranno amati, cercati, voluti e soprattutto accettati per quello che sono, nonostante i loro bisogni insistenti, più saranno sicuri del nostro amore e riusciranno a sviluppare la loro personalità, emergendo dalla fase simbiotica.

Infine, rassicurarli. È normale che si spaventino, quando ad un certo punto del loro sviluppo capiscono di essere in un ambiente nuovo, o di essere di fronte a delle persone sconosciute o frequentate di rado. Più noi sapremo rassicurarli, più loro riusciranno a superare la loro angoscia dell'estraneo e a ritrovare fiducia nel mondo e nel prossimo.

Ecco quindi che si, Pulcino piange disperato quando si sente insicuro di fronte ad un estraneo, ma basta che io lo coccoli un pochino perché poi lui torni ad essere il piccolo conquistatore di sempre e torni ed ammaliare gli adulti con i suoi sorrisoni, perché sa che la sua mamma è li, pronta a proteggerlo e ad aiutarlo, se ne avesse bisogno!


Commenti

  1. Molto interessante davvero! E concordo con i tuoi consigli!!

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  2. La regola è non avere regole e coccolare offrendosi senza remore. Siamo sempre sulla stessa frequenza😉 un bacione Silvia!

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  3. Tante tante coccole...sempre...Rassicurano e "scaldano" il cuore!.....Poi, secondo me, un po' di sana "diffidenza" e di distacco dall' "estraneo" non fai mai male di questi tempi....Un grosso abbraccio. Sai Silvia che mi riporti indietro nel tempo leggendo i tuoi post?!? Mi riporti a quando il mio bimbo era un cucciolino come il tuo , che bello!!

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